Gran Brianza al Sirha

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Tra il 24 e il 28 gennaio Lione sarà il centro mondiale della ristorazione grazie al Salone internazionale “Sirha”, vetrina dell’eccellenza che si svolge con cadenza biennale a Lione e che ha saputo ritagliarsi uno spazio primario nel panorama mondiale dei Saloni dall’agroalimentare.

Il “Sirha” riesce infatti ad intercettare come target principale, ma non unico, il mondo della ristorazione di gamma medio-alta e quello degli importatori/distributori/responsabili acquisti di prodotti agroalimentari di eccellenza o di nicchia. Tra gli oltre 180.000 visitatori della fiera, tutti professionisti del settore, spiccano più di 10.000 cuochi provenienti dal mondo intero, che hanno fatto del “Sirha” l’appuntamento privilegiato dove individuare i migliori prodotti, scoprire le novità ed informarsi sulle tendenze del settore.

L’ultima edizione di Sirha ha visto la partecipazione di oltre 2.900 espositori e la presenza di 185.500 visitatori provenienti da 138 Paesi, con 10.420 chef, oltre 1.000 giornalisti accreditati e più di 1.500 dimostrazioni al giorno.

Numeri che saranno replicati anche quest’anno: l’Euroexpo per cinque giorni diventerà infatti il palcoscenico di alcune tra le più importanti competizioni della ristorazione internazionale come Il Bocuse d’Or, la Coppa Mondiale della Pasticceria, la Coppa Internazionale del Catering e l’atteso Sirha World Cuisine Summit, l’evento più importante del settore, che vanta la presidenza onoraria di Paul Bocuse e che metterà a confronto i più grandi opinion leaders di diversi Paesi sul tema “migliore ristorazione per una vita migliore”.

Gran Brianza sarà presente allo stand F58 Hall 2.1 … venite a trovarci!

Milano Expo 2015: di cosa si parlerà?

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Era il lontano 1906. La metropoli milanese si preparava a due eventi che ne avrebbero fatto un simbolo del progresso: il traforo del Sempione, e la memorabile Esposizione Internazionale che, con il tema dei trasporti, catalizzava l’attenzione del mondo.

Milano, Expo 2015. Tutti in fibrillazione per L’Esposizione Universale che, dal 1° maggio al 31 ottobre 2015, porterà nel capoluogo lombardo circa 20 milioni di visitatori.
Oltre 130 i paesi che prenderanno parte all’evento, occupando un’area di oltre 1 milione di metri quadri, all’interno della quale sarà possibile assistere a diverse migliaia di eventi.
Tradotto in termini economici: oltre 34 miliardi di euro i benefici stimati per il territorio, e circa 70000 i posti di lavoro che, nei prossimi 5 anni, l’evento porterà a livello locale.

Facciamo il punto della situazione e cerchiamo di capire di cosa si parlerà. Di food, certamente. Ma in che termini? In modo coscenzioso e progressista, con un occhio di riguardo alla tradizione.
Sappiamo quali sono le sfide alimentari più delicate che il futuro ci pone davanti: garantire la disponibilità di acqua e cibo a tutta la popolazione mondiale, tutelare la biodiversità e adottare modelli agricoli sostenibili. Sfide che possiamo vincere solo partendo da un presupposto: non è pensabile nutrire la popolazione del pianeta senza pensare a come nutrire il pianeta.

A Milano, Expo 2015, chiama il mondo intero a sciogliere l’annosa questione universale, a riflettere e ad avanzare proposte innovative.
E al visitatore chiede di guardare al leitmotiv del  food in un’ottica ben diversa da quella di un evento gastronomico: il cibo è cultura, tradizione, storia dell’uomo e delle sue abitudini alimentari, che vale la pena conoscere, degustare e conservare.
Ma è anche la storia del paesaggio naturale trasformato e monopolizzato per la produzione di alimenti, degli scempi, degli sprechi. Che è necessario rivedere criticamente.
É con questo spirito che le tavole di tutto il mondo saranno presenti all’Esposizione.

Perchè Milano?
Ora che abbiamo capito la portata epocale dell’avvenimento, è nostro diritto gongolarci per la scelta della sede. Se si parla di food, ci sembra giusto che a farla da padrona sia l’Italia. Resta da chiederci: perché proprio Milano?

Anzitutto, perché vanta circa 60.000 imprese di eccellenza nella produzione agricola, e oltre20.000 nella trasformazione agroalimentare e nella nutrizione. E poi perché è la capitale della moda e del design, nonché un importantissimo centro culturale ed economico. Infine, perchè si trova in una posizione strategica: i visitatori dei 5 continenti vorranno approfittarne per visitare non solo i nostri magici borghi e le nostre suggestive aree naturalistiche, ma anche qualche capitale europea. Quale migliore scelta della metropoli italiana per eccellenza?

L’anno di Expo

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Che cosa significa alimentazione per un italiano? Che cosa vuol dire “dare da mangiare” nella nostra cultura? In che modo l’anno che viene, l’anno di Expo, saprà raccontare tutto questo?

Per noi italiani il cibo non è solo un alimento, non è soltanto un insieme di proteine, vitamine, grassi e via dicendo.

Per noi italiani il cibo ha un significato che va molto al di là del banale atto di nutrirsi.

Per noi italiani il cibo è strumento di comunicazione, è gesto di attenzione, è modo di interazione.

Innanzitutto è cura e affetto: condividere il cibo è segno massimo di accoglienza. E’ aggiungere un posto a tavola per abbracciare all’interno della propria famiglia una persona estranea e farla diventare uno di noi.

Per questo si mette così tanta cura nel preparare il piatto, e a questa si aggiunge creatività.

Offrire da mangiare significa innanzitutto farsi carico, andare incontro: è sempre stato così nella nostra cultura mediterranea.

È ben noto a chi si occupa di marketing il clamoroso fallimento al quale andò incontro la Nestlé quando per la prima volta negli anni Settanta introdusse nel nostro paese il caffè solubile proponendolo come alternativa al caffè tradizionale, senza capire che per l’italiano il caffè non è mai stato solo una bevanda calda, ma un atto di amicizia e di rispetto. Offrire un caffè è un gesto di vicinanza, come posso mostrarti affetto se mi limito a sciogliere della polverina in acqua calda!?

La lezione è stata ben compresa dato che con Nespresso la musica è completamente diversa.

Dunque come si mostra oggi cura e attenzione ai nostri cari? Come possiamo mostrare loro tutta la nostra attenzione, delicatezza, affetto, rispetto?

Gran Brianza propone la collezione Felicità proprio con questo intento: associare la facilità e la rapidità, fattori oggi spesso purtroppo –a differenza degli anni Settanta- irrinunciabili, con una qualità che è sinonimo di cura e passione.

Così siete sicuri di poter comunicare, a chi per voi è importante, l’affetto, la cura, il significato che ha per voi, potete donare loro una tavola allegra che parli di voi.

Fetta di Brià alla Bismarck 

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Ingredienti:
– una fetta di Brià spessa circa mezzo centimetro
– un uovo
– una noce di burro
– una fetta di pane da tost
– Glassa di aceto balsamico di Modena

Contorno:
Rucola e Formaggio primosale

– Rosolare la fetta di Brià in una padella bella calda.
– Tostare il pane.
– Cuocere l’uovo all’occhio di bue tenendo il tuorlo liquido e quando è pronto creare una composizione partendo dalla Brià.
– Aggiungere sopra la fetta di pane e adagiarvi sopra l’uovo, decorare con la glassa di aceto balsamico di Modena
– Come contorno suggeriamo un’insalata leggera di rucola e del formaggio primosale.

Cotechino e dintorni

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C’è una categoria di salumi insaccati che richiamano (almeno per chi vive nelle regioni del Nord) l’inverno, la nebbia, il fuoco del caminetto e, per i più romantici, le festività di Natale e fine anno.

Si tratta di prodotti che, dopo una breve asciugatura, sono destinati ad essere consumati una volta bolliti, tradizionalmente in abbinamento a lenticchie o purè.

Avrete certamente indovinato che ci stiamo riferendo al cotechino e allo zampone, un tempo preparati e cotti in ambito domestico (usanza che ancora perdura, sia pure in modo meno diffuso) e oggi reperibili sul mercato precotti, così da richiedere solo una breve fase di riscaldamento.

In entrambi i casi l’impasto è costituito da tagli magri, grasso e cotenna di suino tritati e mescolati a sale ed aromi vari. Il tutto viene poi insaccato nella pelle della zampa anteriore del maiale alla quale viene lasciato il piedino (e avremo così lo “zampone”) oppure in un comune budello sintetico o (meglio) naturale (ottenendo in tal caso il “cotechino”).

A livello artigianale si usano anche involucri ricavati da una porzione di cute del suino variamente cucita, ottenendone, secondo la forma, prodotti dal nome curioso come ad esempio il “cappello del prete”.

Ciò che contraddistingue questi salumi è il fatto che la cottura prolungata in acqua bollente alla quale devono essere sottoposti rende gelatinosa la cotenna in essi presente e fa acquisire loro la caratteristica “collosità”. Inoltre questo procedimento contribuisce a privarli non solo di sale ma anche di una buona parte di grasso, tanto che un etto di zampone o cotechino ha solo 10 calorie in più rispetto a un’identica quantità di mozzarella!

Eppure non sempre questi salumi richiamano l’inverno e la nebbia. Proprio a Mantova ogni anno questo tabù viene infranto in occasione niente meno che della festa dell’Assunta a Ferragosto, quando presso il santuario della Madonna delle Grazie (nell’omonima frazione del comune di Curtatone) vengono cotti e gustati quintali di fumante cotechino! E come se non bastasse pensate che spesso durante questa ricorrenza viene addirittura battuto il record mondiale di lunghezza di questo prelibato insaccato!

Natale in tavola!

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Che cos’è per te la felicità? 
Sicuramente trascorrere il Natale con la famiglia preparando prelibatezze come questo buonissimo albero di pan brioche salato farcito.

350 g di farina 00 + quella per infarinare
150 g di farina di farro
100 g di fichi secchi morbidi
2,5 dl di latte
1 cucchiaio di zucchero
25 g di lievito di birra
20 g di mandorle a lamelle
burro
1 tuorlo
1 cucchiaino di sale

  1. Prepara il panetto lievitato. Sciogli il lievito in una ciotola con 1 dl di latte tiepido e lo zucchero. Incorpora 3 cucchiai di farina 00 e 2 cucchiai di farina di farro. Mescola bene, formando un panetto morbido e lascialo lievitare coperto con pellicola per almeno 1 ora. Metti i fichi a bagno in una ciotola con acqua tiepida per 20 minuti. Sgocciolali, asciugali e tagliali a dadini.
  2. Impasta gli ingredienti. Versa le 2 farine rimaste a fontana sulla  spianatoia. Sui bordi crea una piccola fossetta e mettici il sale. Versa nell’incavo della fontana il latte rimasto a temperatura ambiente, aggiungi il panetto lievitato e inizia a lavorarlo, incorporando man mano la farina dai bordi. Amalgama tutta la farina, unisci i fichi e continua a impastare per 10 minuti. Forma una palla, disponila in una ciotola, fai un taglio a croce sulla superficie, copri con un telo e lascia lievitare per almeno 2 ore.
  3. Cuoci il pane. Rilavora la pasta per sgonfiarla, trasferiscila nello stampo imburrato e infarinato e lasciala lievitare per altri 30 minuti. Spennella la superficie del pane con il tuorlo sbattuto con poca acqua e spolverizzalo con le mandorle a lamelle. Cuocilo in forno già caldo a 180 gradi per circa 40 minuti, sformalo, lascialo raffreddare e servilo con un salame artigianale o con un tagliere di salumi.

Cumè lé bela la Brianza

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Ah… cumè lé bela la Brianza
Alter che ul ciel in una stanza
Piena de verd e de culur
La sembra fada da un pitur

Ogni casétta ul so giardin
In ogni paés un campanin
Cun tanti senté in mez ai prà
E i so strat che sembren viai alberà

Che bela d’invernu quattada de brina
E in està bagnada de sguaz a la matina
Cun i sò udur e i sò rumur
Quel di vac e di trattur

Me regoldi quant seri piscinin
Tra i muragniò de fen giugavum a nascundin
Dopo scola andavum in del bousc
Curevum e giugavum fin che l’era fousc

Ah… cumè lé bela la Brianza
Lé una palestra de vita e de speranza.

Roberto Sala

Che cos’è la rintracciabilità della filiera dei prodotti agroalimentari?

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Mentre un tempo ci si limitava a conoscere le caratteristiche di un prodotto alimentare attraverso l’etichetta, oggi diventa sempre più importante conoscere anche la sua storia.

La tracciabilità è l’identificazione delle aziende che hanno contribuito alla definizione di un determinato prodotto alimentare e viene incontro alle richieste del consumatore riguardo l’origine e la qualità degli alimenti.

Essa permette di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime o di un animale destinato alla produzione animale, attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

In sintesi, è la possibilità di risalire alla storia, alle trasformazioni o alla collocazione di un prodotto alimentare attraverso informazioni documentate.

L’identificazione è basata sul monitoraggio dei flussi materiali dal produttore della materia prima fino al consumatore finale.

Gli attori coinvolti possono essere molteplici ed ogni attore che partecipa al processo produttivo con materie prime, semilavorati, accessori ecc., deve essere rintracciabile mediante una gestione che identifichi la tracciatura con un codice che descrive tutti i passaggi della filiera.

Per concludere, la tracciabilità è un tentativo di ridare fiducia al consumatore, rendendo trasparente il sistema e permettendo un contatto fra chi produce e chi consuma.

Cordon bleu di melanzane e pancetta Gran Brianza

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Il termine “cordon bleu”  si riferisce ad un piatto a base di cotoletta di pollo o tacchino ripiena di prosciutto e formaggio.

Nella nostra versione proponiamo una variante a base di melanzane. In questa ricetta infatti le fettine di carne sono sostituite da fette di melanzane che racchiudono un gustoso ripieno di pancetta stagionata Gran Brianza e provola affumicata.

Il cordon bleu di melanzane viene avvolto da una doppia panatura di farina e pangrattato che crea un involucro croccante e saporito. Un secondo piatto prelibato adatto anche ai bambini.

Ingredienti:

  • Melanzane 230 g
  • Pancetta stagionata Gran Brianza 120 gr
  • Provola affumicata 120 gr
  • Pangrattato q.b.
  • Uova 2
  • Farina q.b.
  • Sale q.b.
  1. Prendete la melanzana lavatela, spuntate le due estremità e tagliatela a rondelle dello spessore di mezzo cm.
  2. Ponete le fette in un colino con sotto una ciotola, salatele e lasciatele riposare circa mezz’ora.
  3. Tagliate a fette sottili anche la provola affumicata.
  4. Preparate il necessario per la panatura: sbattete le uova in una ciotola, salate, pepate. In altre due ciotole separate ponete il pangrattato e la farina.
  5. Sciacquate le fette di melanzana sotto l’acqua corrente e asciugatele bene con un panno da cucina.
  6. A questo punto tutto è pronto per comporre i cordon bleu: distribuite su un piatto le fette di melanzana, farcite con una fetta di pancetta stagionata Gran Brianza e con una fetta di provola affumicata. Ponete quindi un’altra fetta di melanzana creando una sorta di sandwich.
  7. Ora procedete con l’impanatura: prendete un cordon bleu passatelo nella farina sia da una lato che dall’altro poi immergetelo nelle uova sbattute e terminate passandolo nella panatura di pangrattato.
  8. A questo punto mettete i cordon bleu in forno ventilato a 180° per 15 minuti avendo cura di girarli a metà cottura.

Et voila… Buon appetito!

Giornata mondiale dell’alimentazione: un italiano su due ha ridotto lo spreco

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Più sensibilità verso il cibo e chi non ne ha. Più sforzi per ridurre gli sprechi. Maggiore attenzione verso l’appuntamento del 2015, l’Expo di Milano.

Tanto che, se a luglio 2013 quasi un italiano su tre non era a conoscenza dell’evento, un anno dopo otto su dieci non solo conoscono l’appuntamento, ma anche il suo tema: l’alimentazione. Più della metà, poi, ha pure intenzione di andarci.

Sono alcuni dei dati dell’indagine condotta da Ipsos per ActionAid su un campione di 1.001 persone in occasione della «Giornata mondiale dell’alimentazione» e del rilancio della campagna «Operazione fame» per sensibilizzare sulle disparità di accesso al cibo.

Gli intervistati sperano che l’esposizione universale riesca a far diminuire «il divario nella distribuzione delle risorse a livello globale» e «gli sprechi in tutta la filiera», a «combattere la fame nel mondo» e a «riformare il sistema globale per la produzione agricola».

La crisi economica ha cambiato la sensibilità dei consumatori. Non solo per i «prezzi». Il 51% degli intervistati sostiene di aver modificato i comportamenti alimentari. Il 56% dichiara di comprare «ancora molto più dello stretto necessario», ma anche di aver aumentato le scelte mirate per la propria salute (73%), per l’ambiente (14%) e per le ricadute negative che il proprio consumo può avere sul resto del mondo (29%).

Risultato: rispetto al 2012, oltre la metà degli italiani (54%) ha ridotto gli alimenti che finiscono in pattumiera senza essere mangiati. Un italiano su due poi preferisce rifornirsi presso piccoli produttori locali e a «chilometro zero».

A livello generazionale sono i 55-65enni a dimostrare una maggiore sensibilità nei confronti dello spreco alimentare.

Per questo ActionAid interviene nelle scuole italiane, promuovendo a tutti i livelli e con forza la lotta agli sprechi.